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by Pietro Borsari Pietro Borsari Nessun commento

OpenAI si impegna a pagare le spese legali per gli utenti accusati di violazione del copyright

Arriva la decisione di Open AI, azienda che gestisce ChatGPT, di impegnarsi a pagare le spese legali per tutti gli utenti che sono stati citati in giudizio per violazione del copyright in relazione all’utilizzo del chatbot. 

Si tratta di una strategia di “Copyright Shield” che mira a fornire tutela agli utenti business di ChatGPT Enterprise e della piattaforma disponibile per gli sviluppatori. L’annuncio è avvenuto il 6 Novembre al DevDay, quando il CEO di OpenAI, Sam Altman, ha dichiarato che l’azienda intende porsi a difesa dei suoi clienti sobbarcandosi i costi dell’assistenza legale di questi ultimi davanti a procedimenti giudiziari legati alla violazione del Copyright nell’ambito dell’utilizzo di ChatGPT Enterprise e API. Si tratta di una linea già adottata da colossi come Microsoft, Google e Amazon, i cui utenti erano rimasti a loro volta coinvolti in controversie giudiziarie sempre legate alla violazione del copyright.

Una contromossa che le grandi major hanno messo in campo in risposta alle proteste che, negli ultimi mesi, hanno travolto il mondo dell’intelligenza artificiale. Le critiche riguardano principalmente l’impiego dell’AI nelle professioni creative: Cinema, arte, letteratura, il timore di molti è che le grandi aziende, in barba alle regole sul copyright, utilizzino i prodotti della creatività umana per istruire le intelligenze artificiali alla produzioni di contenuti sempre più elaborati per poi sostituirle gradualmente ai tanti lavoratori del settore. Un tema questo che ha spinto molti artisti e sceneggiatori a scendere in piazza in occasione dell’enorme sciopero che ha bloccato l’industria di Hollywood per mesi. A portare la polemica dalle piazze ai tribunali è stata la comica statunitense Sarah Silverman, seguita subito dopo dall’Authors Guild, il sindacato che riunisce i professionisti dell’industria editoriale americana, che si è impegnato ad inserire nei contratti una clausola che impedisca ai testi prodotti di essere utilizzati per l’addestramento delle intelligenze artificiali.

by Manzella Associati Manzella Associati Nessun commento

Marchio “DIEGO MARADONA”, arriva la sentenza del Tribunale UE

É di recente pubblicazione la sentenza del Tribunale dell’Unione Europea che ha confermato la decisione dell’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale (EUIPO) di non registrare il trasferimento di proprietà del marchio “DIEGO MARADONA” richiesto da Sattvica, società argentina appartenente all’ex legale di Diego Armando Maradona. Le ragioni della sentenza si possono rintracciare nell’assenza, verificata sulla documentazione presentata dal ricorrente, di elementi che dimostrassero l’avvenuta cessione del marchio in favore della società.Si tratta dell’ennesimo capitolo della lunga vicenda relativa all’eredità dello scomparso campione argentino che, in questo caso, vede una vittoria degli eredi. Con questa sentenza, il Tribunale Ue ha confermato il no dell’Euipo alla registrazione del trasferimento del marchio in favore di Sattvica.Quella che si sta consumando sui diritti di immagine relativi al nome del compianto Maradona è una vera e propria guerra legale di portata globale, una contesa che attraversa almeno tre continenti, dal Sudamerica fino al Giappone, passando naturalmente per l’Unione Europea.

Ma ripercorriamo i fatti. Nel 2001 Maradona ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione europea del marchio “DIEGO MARADONA” perdiverse categorie di beni, in particolare relativi all’abbigliamento. La registrazione è stata infine a accolta nel 2008. Nel 2021, poco più di un anno dopo la scomparsa del calciatore, la società Sattvica, ritenendo di essere beneficiaria del trasferimento del marchio, ha richiesto all’EUIPO di registrare il trasferimento sulla base di un’autorizzazione emessa da Maradona in suo favore nel 2015 che autorizzava lo sfruttamento commerciale del marchio e un accordo che stabiliva la medesima cosa. L’EUIPO inizialmente ha accolto la registrazione ma, successivamente, dopo l’intervento degli eredi di Diego Armando Maradona, ha annullato la stessa. Nella sua decisione del marzo 2022, l’EUIPO ha giudicato insufficiente la documentazione prodotta da Sattvica per dimostrare l’avvenuto trasferimento del marchio in capo a quest’ultima. É intervenuto allora un ricorso presentato dalla società argentina al Tribunale Ue per annullare la decisione dell’Ufficio europeo dei brevetti.Si arriva così al verdetto con il quale il Tribunale ha respinto il ricorso confermando la decisione dell’Euipo, stabilendo inoltre l’impossibilita da parte di Sattvica di sanare i vizi riscontrati nella documentazione a causa della sopraggiunta scomparsa del calciatore. Ora la società potrà ricorrere nuovamente alla Corte Ue, tuttavia le motivazioni della sentenza appaiono piuttosto solide e le speranze in un ribaltamento della stessa sembrano scarse.

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Pubblicato il report “World Intellectual Property Indicators 2023” di WIPO 

La WIPO, l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, ha pubblicato il rapporto sugli indicatori mondiali della proprietà intellettuale 2023, un documento che racconta l’andamento del sistema della proprietà intellettuale nel mondo.

Nel 2022 l’attività brevettuale ha raggiunto nuovi record a livello globale, con lo slancio offerto dai sistemi di innovazione indiani e cinesi, ma sul futuro di questi risultati incoraggianti incombono tuttavia alcune incertezze, dovute alla situazione politica ed economica in diverse aree del pianeta.

L’indagine rileva un aumento considerevole dei depositi di brevetti in Cina e India,  entrambi paesi tra i principali responsabili della crescita mondiale nel 2022. Le domande presentate da cittadini cinesi sono quasi 1,58 milioni, sia nelle giurisdizioni nazionali che in quelle estere, a seguire troviamo gli Usa con più di 505 mila domande, il Giappone con 405 mila, la Corea del Sud con 272 mila e la Germania con più di 155 mila domande.

A partire dall’anno 2021 quella informatica è diventata la tecnologia più frequentemente presente nelle domande di brevetto pubblicate a livello mondiale, con l’11,1% del totale, a seguire troviamo le macchine elettriche, la misurazione, la tecnologia medica e la comunicazione digitale.

Per quanto riguarda i marchi, nel 2022 sono state depositate 11,8 milioni di domande di marchio nel mondo. Nonostante gli strascichi della distorsione pandemica il dato tendenziale dei depositi continua ad essere positivo. Anche nel settore dei marchi a dominare la prima posizione è la Cina, con 7,7 milioni di classi di domande nazionali presentate nel 2022; seguono Usa, Turchia, Germania e India.

Per quanto concerne invece le indicazioni geografiche, i dati forniti dalle 91 entità nazionali e regionali analizzate indicano che nel 2022 erano in vigore 58.400 indicazioni geografiche protette (IGP). A dominare il podio troviamo la Cina (9.571), l’Ungheria (7.843) e la Germania (7.386).

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Nuovo tribunale unificato dei brevetti, una svolta nell’applicazione dei brevetti in Europa 

L’Europa è da sempre terra di innovazione e progresso tecnologico, capace di coltivare grandi talenti e ospitare importanti invenzioni che hanno cambiato la storia. Nonostante questa ricchezza intellettuale l’Unione Europa ha faticato a dare un’applicazione uniforme alla legge sui brevetti, attraverso un processo legislativo lungo, complesso e costoso a causa delle diverse giurisdizioni nazionali. Nel tentativo di semplificare questo processo è stato creato il Tribunale Unificato dei Brevetti.

Per molti anni l’UE ha discusso l’idea di creare un tribunale unificato per i brevetti e solo nel 2013 è stato raggiunto un traguardo importante con la firma dell’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti (Unified Patent Court Agreement, UPC Agreement), che è stato ratificato da un numero significativo di paesi europei. L’uscita di alcuni paesi dall’UE e/o dall’Accordo ha rallentato l’istituzione del tribunale, che ha visto la luce solo il 1 giugno 2023.

I vantaggi di questo strumento di risoluzione delle controversie sono svariati.

  • Giurisdizione unica: prima dell’istituzione del tribunale, i titolari dei brevetti dovevano affrontare le cause nei tribunali nazionali, con regolamenti e procedimenti differenti da stato a stato. Il Tribunale Unificato dei Brevetti offre una giurisdizione unificata, semplificando notevolmente il processo.
  • Coerenza delle decisioni: il tribunale unitario contribuisce a dare una profilo più armonioso e coerente alla giurisprudenza europea in materia di brevetti, estendendo l’ambito di applicazione delle decisioni a tutti i paesi aderenti all’Accordo.
  • Innovazione: la semplificazione del sistema di applicazione della legge sui brevetti attraverso il tribunale unitario è maggiormente capace di promuovere l’innovazione nel contesto dell’Unione Europea.
  • Riduzione dei tempi e dei costi: l’unificazione riduce tempistiche e costi associati alle controversie brevettuali. Ad esempio, difensori e consulenti non devono più adattarsi alle diverse lingue e procedure, rendendo il processo molto più efficiente.

Il tribunale ha già prodotto diverse sentenze che contribuiscono a dare vita ad una prima ossatura di una nuova giurisprudenza in materia.

Per le imprese e i titolari di brevetti che intendono usufruire dei vantaggi offerti dal Tribunale Unificato dei Brevetti, la consulenza specializzata è fondamentale: lo studio Manzella & Associati non ha tardato ad intrecciare la sua attività di consulenza con questa nuova esperienza, offrendo la sua esperienza e competenza in questo ambito. 

Per ulteriori informazioni su come possiamo aiutarvi a sfruttare al meglio il Tribunale Unificato dei Brevetti, non esitate a contattarci. 

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Prorogata nuovamente la sanatoria del credito di imposta per ricerca e sviluppo

È stato pubblicato lo scorso 18 ottobre in Gazzetta Ufficiale il decreto legge dal titolo “Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, contenente un nuovo rinvio dei termini per il versamento del credito per ricerca e sviluppo.

La sanatoria del bonus è stata ulteriormente prorogata al 20 giugno 2024 rispetto alla precedente scadenza prevista per il 30 novembre 2023. Il testo si riferisce alle somme maturate nei periodi d’imposta successivi al 31 dicembre 2014 fino al 31 dicembre 2019 e prevede la possibilità di restituzione senza applicazione di sanzioni e interessi, oltre al rinvio dei termini di decadenza per l’emissione degli atti impositivi da parte dell’Agenzia delle Entrate che riguardano i crediti utilizzati tra il 2016 e il 2017.

Il decreto legge dà ufficialmente il via al percorso che porterà all’approvazione del disegno di legge di bilancio per l’anno 2024, un testo che, in coerenza con il quadro presentato nella NADEF, intende proseguire nel solco di quanto previsto nella legge di bilancio 2023. 24 miliardi di investimento, di cui 16 provenienti da extra deficit e 8 dalla riduzione delle voci di spesa dei ministeri, impiegati per la proroga del taglio al cuneo fiscale, gli incentivi all’occupazione e i fringe benefit per i lavoratori. Fisco, lavoro e impresa sono le parole chiave di una manovra che ha l’ambizione di sfidare una congiuntura economica complessa, spingendo il dato della crescita e contrastando la nuova spinta inflazionistica.

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La proprietà industriale in un mondo in conflitto: una breve retrospettiva storica

I tragici avvenimenti che hanno recentemente riacceso le ostilità nella striscia di Gaza e il conflitto in Ucraina che perdura ormai da più di un anno e mezzo inducono qualche riflessione sul ruolo svolto dalle guerre nella storia del settore della proprietà industriale. Tutte le guerre combattute nell’ultimo secolo hanno avuto un grande impatto sul settore della proprietà industriale, un impatto che riflette specularmente lo spostamento della produzione economica e della ricerca scientifica dai beni e servizi tradizionali alle forniture belliche. Ma non è solo la guerra ad aver influito sul settore dei marchi e brevetti: questi ultimi infatti hanno giocato e giocano un ruolo chiave, seppur apparentemente collaterale, in diversi conflitti. É il caso, ad esempio, della prima guerra mondiale. 

Durante la seconda metà del XIX secolo, i brevetti per invenzione erano già un elemento essenziale nelle strategie industriali di molte aziende. Non è un caso infatti che, a partire dalla seconda metà dell’800, fu decisiva la pressione esercitata dagli ambienti industriali nel convincere i legislatori da un lato all’altro dell’oceano Atlantico a costruire una rete normativa internazionale omogenea, uno strumento necessario per agevolare la concessione dei brevetti in più paesi contemporaneamente. Il mondo stava vivendo inconsapevolmente una “proto-globalizzazione”, che sarebbe stata drammaticamente interrotta del primo terribile conflitto mondiale nel 1914.

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale interruppe bruscamente questo ordine globale fondato sui commerci e la collaborazione legislativa. L’arruolamento negli eserciti e la rottura dei rapporti fra i paesi belligeranti sottrassero capitale umano, risorse economiche e importanti vantaggi politici al settore della proprietà industriale, ostacolando il lavoro di entità quali l’AIPPI (Associazione Internazionale per la Protezione della Proprietà Industriale), che si occupava di costruire ponti fra agenti brevettuali in tutto il mondo al fine di individuare strategie atte a migliorare lo sfruttamento internazionale dei brevetti. Ma la proprietà industriale divenne anche un’arma durante il conflitto, al servizio di una guerra parallela a quella combattuta nelle trincee, quella economica. I paesi belligeranti sospesero la concessione di brevetti utili alla difesa nazionale e imposero un divieto generalizzato rivolto alle domande di brevetto presentate da cittadini di paesi nemici. Un caso emblematico fu il sequestro da parte dei paesi “Alleati” dei brevetti austriaci e tedeschi, con finalità di sfruttamento. Nonostante tutto i progetti di armonizzazione legislativa proseguirono tra i paesi che avevano formato delle alleanze militari, anche se con lo scopo di rafforzare i mezzi della guerra economica.

Con la fine della Grande Guerra si tentò di ridare slancio all’internazionalizzazione del diritto, anche in relazione ai sistemi brevettuali, ripristinando gradualmente il funzionamento internazionale dei brevetti. I trattati di pace non solo ristabilirono i diritti di proprietà e le convenzioni internazionali, ma stabilirono anche vari periodi di tempo eccezionali per facilitare la conservazione dei brevetti. Il mondo era infine tornato a parlare una lingua comune in tema di brevetti.

L’epoca dei conflitti mondiali ha rappresentato un’ardua sfida per il sistema della proprietà industriale ma ogni guerra rappresenta in realtà un elemento di intrusione dirompente in qualsiasi settore ordinato dal diritto, che tuttavia ha dimostrato di essere lo strumento più efficace per servire anche un’umanità in guerra. Il diritto, come i sistemi da esso prodotti, incluso quello della proprietà industriale, è un’elemento prezioso per regolare rapporti di ogni tipo tra gli esseri umani ma anche uno strumento nelle mani del legislatore che può manipolarlo secondo le sue finalità. Può ampliarsi o restringersi, piegarsi o rompersi, a seconda delle esigenze dell’uomo, esso rappresenta tuttavia in ogni epoca storica un’inesauribile fonte di pace e giustizia, un emblema della civiltà e un materia robusta con la quale costruire ponti fra le nazioni.

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Hugo Boss vs “Il boss dei panini”: arriva il no della cassazione alla registrazione del marchio di street food

La disputa in merito alla registrabilità del segno “Il boss dei panini”, relativo ad un chiosco di street food a Santa Maria Capua Vetere, è infine giunta all’esame della Corte di Cassazione che, dopo il parere dell’UIBM e della Commissione Ricorsi, si è trovata a dover dirimere la questione in via definitiva e affermare se la confondibilità con il marchio “Boss” della nota società tedesca “Hugo Boss” potesse comportare la mancata registrazione del marchio successivo. 

La Corte, raggiunta da un’impugnazione, ha rivisto la precedente decisione della Commissione Ricorsi, modificando la parte nella quale si evidenziava che il termine “boss” era ormai utilizzato quotidianamente nella lingua italiana e rendeva perciò debole il marchio. La Cassazione ha quindi ribaltato questo parere, stabilendo che la natura patronimica del marchio e la sua notorietà sarebbero sufficienti a stabilirne la forza. È stato così accolto il ricorso della maison, nota per le sue linee di prodotti che vanno dagli abiti d’alta moda alla profumeria, a seguito di un contenzioso legale durato ben otto anni. 

Uno degli elementi più dibattuti della sentenza è l’aspetto legato all’utilizzo comune della parola “Boss”. Secondo i giudici della Corte la giurisprudenza di legittimità sarebbe chiara su questo punto: secondo quest’ultima sarebbero “deboli” i marchi che risultano concettualmente legati al prodotto, dal momento che l’immaginazione che li ha partoriti non è andata oltre il rilievo di un carattere, di un suo elemento, o l’utilizzo di termini di diffusione comune che non potrebbero essere oggetto di un diritto esclusivo. Quindi, secondo i giudici, una parola del linguaggio comune può dare vita ad un marchio “forte”, a condizione che sia difficoltoso per il consumatore non identificare un legame concettuale tra la parola in questione e il marchio contrassegnato. 

Per evitare la confusione che potrebbe generarsi da questa situazione è fondamentale il carattere distintivo del marchio “forte”, che rende iconico e unico il contrassegno rispetto al marchio debole, permettendo al primo di rimanere impresso nella mente del consumatore e impedendo al secondo di imporsi al posto del primo nell’immaginario collettivo. 

La sentenza rappresenta una vittoria per la casa di moda tedesca, che aveva già esposto davanti all’UIMB e alla Commissione Ricorsi le proprie ragioni, rimarcando il fatto che il marchio “Boss” fosse noto al grande pubblico e avesse dunque natura distintiva e, pertanto, anche “forte”. La decisione oggetto di impugnazione, secondo il parere dei giudici della Suprema Corte, non aveva preso in esame né la notorietà del marchio né tantomeno il suo carattere patronimico, già di per sé indice di forza (anche se non sufficiente ad impedire, da solo, la mancata registrazione del marchio della controparte). 

In ultima istanza quindi per la Cassazione l’impedimento alla registrazione non è dovuto, in via esclusiva, alla notorietà del marchio “Boss” e alla confusione che la coesistenza dei due marchi potrebbe causare, quanto piuttosto al fatto che il marchio successivo, attraverso un meccanismo di agganciamento, potrebbe indebitamente avvantaggiarsi sul mercato dell’esistenza del marchio precedente, traendone un ingiusto profitto. 

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Apertura dei nuovi bandi Brevetti+, Disegni+ e Marchi+ 2023


Apertura dei nuovi bandi Brevetti+, Disegni+ e Marchi+ 2023

Come vi avevamo preannunciato nella nostra newsletter del 4 agosto, lo scorso 11 agosto sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale gli avvisi di adozione dei nuovi bandi e rese note le date di apertura per l’annualità 2023 per la concessione delle misure agevolative denominate Brevetti+, Disegni+ e Marchi+.
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Il Ministero delle imprese e del Made in Italy stanzia 32 milioni di euro per i bandi Brevetti+, Disegni+ e Marchi+


Agevolazioni alle PMI per per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale

Il 14 luglio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto direttoriale del 16 giugno che prevede l’assegnazione delle risorse ai bandi “Brevetti+”, “Disegni+” e “Marchi+” per l’anno 2023, al fine di stabilizzare il sostegno alle piccole e medie imprese per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale. Vengono così riaperti i bandi così come stabilito dalle Linee di intervento strategiche sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023.

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